Dall'attività informativa svolta nel primo semestre del 2001 emerge un panorama di minacce alla sicurezza estremamente composito, dominato dall'interazione tra situazioni congiunturali e vettori di pericolo. In questo senso il quadro generale risulta connotarsi per la convergenza di fattori di rischio "tradizionali" - che appaiono ricercare in alcuni passaggi della vita politico-istituzionale nuovi spunti per il rilancio di ideologie antisistema - e di profili di più recente emersione, collegati a peculiari tematiche ovvero a crisi specifiche.
Quanto sopra, in un contesto in cui la dimensione necessariamente allargata dello scenario di riferimento ed il ruolo in esso giocato dal nostro Paese hanno da tempo determinato l'ampliarsi del concetto di sicurezza - e, conseguentemente, del novero degli aspetti che sulla stessa incidono - nonché dell'ambito di attivazione dell'intelligence. Questa, infatti, è chiamata alla tempestiva individuazione, non solo dei fronti primari di minaccia, ma anche delle loro dinamiche evolutive in dipendenza di mutamenti della scena interna ed estera in grado di moltiplicarne l'impatto, specie in relazione a peculiari scadenze di respiro internazionale di per sé suscettibili di fungere da catalizzatore per iniziative controindicate di diverso segno e tenore.
In tale ampia cornice, gli eventi registrati dalla cronaca per quanto riguarda l'eversione - con la significativa sortita operativa, in aprile, dell'attentato dinamitardo di Roma - costituiscono conferma concreta di quanto rilevato sul versante informativo in ordine alla persistente vitalità del settore, che registra l'attivismo di una pluralità di attori, la prosecuzione della "propaganda armata" da parte delle frange di impronta brigatista ed un processo di progressiva scomposizione del "soggetto rivoluzionario", verosimilmente da interpretare anche come tentativo di raccordarsi ad ambienti movimentisti ed esteri.
In questo contesto assoluta centralità è stata assunta, ed appare altresì destinata a segnare gli ulteriori sviluppi del fronte antagonista, dalla componente anarcoinsurrezionalista, protagonista di un percorso di continuità eversiva favorito dall'assenza di un'organizzazione verticistica e di sclerotizzazioni ideologiche, che rende i nuclei di quella matrice, forti di articolati collegamenti con gruppi affini e con omologhi circoli stranieri, particolarmente duttili quanto alle strategie da impiegare in funzione antistatuale ed inclini ad affiancare all'opzione terroristica lo scontro di piazza.
Tali caratteristiche hanno conferito all'area una rimarchevole capacità evolutiva, consentendole di sviluppare, sotto l'egida del richiamo alla "lotta antiautoritaria", una sostenuta campagna dimostrativa e di rinvenire margini di inserimento in movimenti di protesta coagulatisi attorno a spunti contestativi di vasta presa.
Il proposito, ricorrente nella pubblicistica antagonista, di saldare in un "fronte internazionale" le spinte antisistema, avvalendosi di temi e motivi di carattere trasversale, rimanda allo scenario estero, in un momento in cui va sfumando la distinzione tra profili endogeni ed esogeni di rischio ed ove anche vettori di minaccia originati in teatri periferici assumono immediata ed immanente valenza per la sicurezza nazionale.
In questo senso, prioritaria attenzione impongono i segnali di allarme fatti registrare dal radicalismo islamico, che ha mostrato la propensione ad accentuare la propria carica offensiva, sovente mediante una studiata amplificazione dell'aspetto intimidatorio, avvalendosi delle propaggini all'estero, sinora incaricate essenzialmente di compiti logistici, per la pianificazione di atti terroristici nei teatri di crisi.
Ciò, mentre l'adozione di una strategia universalista marcatamente antioccidentale amplia lo spettro dei potenziali obiettivi ed appare ormai realizzata l'integrazione delle componenti nordafricane, le più attive entro i nostri confini, in una galassia estremista confessionale all'interno della quale è confermato il ruolo di determinati personaggi ed ambiti territoriali quali trait d'union, sia sotto il profilo ideologico che sotto quello addestrativo, per gruppi di diversa nazionalità.
Per i diretti riflessi, anche in chiave prospettica, sul piano della minaccia terroristica, viene costantemente seguito il dipanarsi della crisi mediorientale. Analoga, precipua attenzione informativa è riservata agli sviluppi di situazione nei Balcani, regione su cui si appuntano tuttora diversificati vettori di rischio, primo fra tutti quello collegato all'attivismo di una criminalità che rinviene nei locali focolai di crisi e nella contiguità con talune figure istituzionali le coordinate entro le quali sviluppare lucrosi commerci.
L'instabilità dell'area esteuropea risulta da tempo aver determinato la costituzione di veri e propri "sistemi" di economia illegale la cui principale incidenza sulla sicurezza nazionale si riscontra nel loro porsi a monte di flussi di denaro riciclati sulle piazze occidentali, mete finali di molteplici beni illeciti e di flussi migratori clandestini organizzati su scala "imprenditoriale" da consorterie transnazionali che hanno ormai guadagnato una stabile posizione nella scena delinquenziale del nostro Paese.
Questa, peraltro, continua ad essere segnata dall'attivismo dei sodalizi autoctoni, che restano particolarmente insidiosi pure a causa dell'adozione di un basso profilo operativo allo scopo di preservare gli spazi di manovra, gestiti spesso in raccordo sinergico con gruppi internazionali, e di riorganizzare gli assetti interni.
Anche in ragione della partecipazione italiana ad appositi organismi di controllo, specifico impegno viene sviluppato in direzione delle attività proliferanti di quei Paesi che mostrano un sostenuto dinamismo finalizzato alla ricerca o alla realizzazione di armi di distruzione di massa la cui portata si estende ben oltre i relativi quadranti regionali.
Sovente collegate alla descritta corsa al riarmo e, comunque, all'aggiornamento degli apparati tecnologici risultano, infine, le manovre spionistiche condotte in danno degli interessi strategici nazionali.
a. brigatismo e sinistra extraparlamentare
Il persistere dei rischi di una escalation del fenomeno terroristico, alla luce dei propositi rilevati nel circuito eversivo di ridare vigore all'offensiva in linea con l'impianto strategico delle "BR-PCC", ha continuato a sollecitare la massima vigilanza informativa.
Le convergenti acquisizioni raccolte hanno indicato le frange brigatiste come tuttora impegnate da un lato a ricercare elementi disponibili a costituire cellule clandestine fortemente compartimentate, dall'altro ad elaborare piani coerenti con l'attuale congiuntura interna ed internazionale, giudicata propizia per nuove azioni.
Appaiono inserirsi in tale prospettiva quei nuclei protagonisti di episodi violenti, seppur di profilo non elevato, che hanno puntato a sostenere il disegno avviato con l'omicidio D'Antona, diretto a colpire simboli del sistema economico, politico e militare. Si collocano in questo ambito l'attentato dinamitardo del 10 aprile a Roma ai danni dell'edificio che ospita le sedi dell'Istituto Affari Internazionali e del Consiglio per le relazioni Italia-USA, come altri episodi intimidatori, di carattere emulativo, avvenuti nel Centro-Nord, non di rado sovradimensionati rispetto all'effettiva portata.
La scelta tattica dei cd. "gruppi minori" è ancora quella di accreditarsi presso le "BR-PCC", agendo senza assumere troppi rischi e privilegiando l'aspetto "comunicativo" nonché la risonanza mediatica come strumento propagandistico.
Ad avviso dell'intelligence, potrebbe essere in atto un progressivo avvicinamento alla formazione brigatista, progetto cui non sarebbero estranei alcuni "irriducibili" detenuti che continuano a sostenere la necessità di riprendere al più presto la lotta armata.
L'obiettivo potrebbe essere quello di impiantare - anche attraverso forme di autofinanziamento - una rete terroristica distribuita sul territorio, sul modello delle "colonne" attive negli anni passati, con il compito di porre in essere azioni contro bersagli diversificati, a seconda della specificità delle realtà locali. nell'intento di accreditare un'immagine di capacità organizzativa ed operativa.
Momenti favorevoli per nuove sortite potrebbero essere considerati le prossime, significative scadenze previste nell'agenda governativa, in particolare gli appuntamenti internazionali di forte richiamo, il dibattito sulla legge finanziaria e sul welfare, le vertenze occupazionali, il rinnovo di importanti contratti lavorativi ed i progetti di riforma dello Stato.
Ciò potrebbe rispondere ad un duplice intento: da una parte provocare allarme e tensioni nel mondo politico, istituzionale ed imprenditoriale, dall'altra acquisire consensi tra i gruppi radicali del fronte antagonista.
D'altronde, taluni sviluppi investigativi, nell'ambito delle indagini sul delitto D'Antona, in direzione di ambienti connotati da una marcata deriva oltranzista e da un modus operandi semiclandestino, hanno attestato quanto da tempo rilevato a livello informativo in ordine alla possibile propensione alla scelta della lotta armata ed ai tentativi di cooptazione delle fasce più disagiate del mondo del lavoro, ritenute maggiormente inclini a suggestioni rivoluzionarie.
Il quadro delle acquisizioni raccolte e l'analisi della pubblicistica eversiva confermano poi l'opzione internazionalista: essa è tesa a stimolare sintonie con l'estremismo palestinese ed integralista islamico - verso i quali continuano a manifestarsi espressioni di colleganza esclusivamente ideale in funzione antisraeliana ed antioccidentale - oltre che con le omologhe organizzazioni europee, nel quadro dell'auspicato "Fronte Combattente Antimperialista".
In relazione ad un eventuale peggioramento delle situazioni di tensione e di instabilità nello scenario internazionale - segnatamente nello scacchiere mediorientale e nei Balcani - permangono i rischi di attentati contro obiettivi riconducibili alla NATO, agli Stati Uniti ed alle Istituzioni europee, soprattutto quelli coinvolti nella realizzazione di politiche comuni a livello economico, militare e della sicurezza in genere.
Si conferma, fra le componenti dell'area anarcoinsurrezionalista, l'orientamento ad adottare metodologie aggressive. Su questo piano, al di là dello specifico ruolo assunto dal settore nella pianificazione di contestazioni violente per il Vertice G8, è stata constatata, soprattutto nel Centro-Nord, l'intensificazione di eterogenee iniziative propagandistiche, dai toni estremamente duri - incentrate sulle tematiche antimilitariste, sulla lotta alle manipolazioni genetiche e sulle questioni ambientali - analoghe a quella che ha originato, in passato, forme di "ecoterrorismo" rivolte specie contro i programmi dell'alta velocità ferroviaria.
La radicata avversione nei confronti delle istituzioni penitenziarie ha agevolato il rafforzamento del reticolo di intese con omologhi ambienti europei, segnatamente greci e spagnoli. Come rilevato dalla mirata attività di ricerca informativa, specialmente la lotta contro i regimi detentivi di massima sicurezza costituisce un terreno di aggregazione funzionale ad una sorta di fronte sovranazionale a sostegno dei detenuti.
In tale cornice, possono sempre maturare ulteriori azioni intimidatorie contro strutture o personaggi del mondo giudiziario, degli apparati di sicurezza e della stampa - asseritamente responsabile di criminalizzare i militanti inquisiti - e multinazionali, intese come simbolo della interdipendenza dei mercati.
D'altronde, l'antiglobalizzazione si conferma tematica trasversale delle iniziative della propaganda e della mobilitazione "itinerante" dell'intero settore antagonista in occasione di vertici degli organismi economico-finanziari e politici, divenuti, per i gruppi più radicali, occasione per indirizzare verso un alveo eversivo la contestazione antisistema ed antioccidentale. In effetti, all'interno del composito movimento di protesta - nel quale resta pur sempre predominante la componente moderata - si sono progressivamente inserite frange violente che hanno sfruttato la "vetrina" dei consessi internazionali per conseguire ampia visibilità.
Gli incidenti di Goteborg, Barcellona, Napoli e Davos - per citare solo quelli avvenuti nel semestre in esame - oltre a rappresentare significative testimonianze del graduale deterioramento della situazione da tempo evidenziata dall'intelligence - caricano di ulteriori suggestioni le successive scadenze di maggiore richiamo, rendendo ancora più consistente la minaccia di una recrudescenza di azioni provocatorie a tutto campo, specie quelle di forte impatto come gli attacchi informatici ai siti di istituzioni ed organismi politici, economici e finanziari.
Tutto ciò potrebbe rispondere ad un disegno strategico in grado di coagulare quei sodalizi intransigenti, nazionali ed internazionali - che si muovono rispettando un medesimo modus operandi, agevolato dal ricorso alle nuove tecnologie telematiche - in ordine ai quali è appuntata l'attenzione informativa per cercare di individuare eventuali ispiratori occulti.
L'eccezionalità degli appuntamenti connessi con la presidenza italiana del G8 e la conseguente esigenza di assicurare un'adeguata cornice di sicurezza al Vertice di Genova dei Capi di Stato e di Governo hanno determinato una delle priorità dell'azione degli Organismi informativi, che hanno conferito, per tempo, impulso all'attività d'intelligence in direzione dei profili di rischio, in costante raccordo con le Forze di polizia.
La necessità di garantire un efficace monitoraggio, con l'obiettivo di scongiurare qualsiasi progetto destabilizzante, si è tradotta nell'adozione di una serie di iniziative. In particolare:
- sono state attivate tutte le strutture periferiche, potenziate le dotazioni tecniche e logistiche e sensibilizzate ulteriormente le fonti;
- è stata avviata una mirata ricerca informativa in direzione degli aspetti organizzativi e mobilitativi delle formazioni radicali nazionali e straniere, che si è tradotta in alcune centinaia di segnalazioni;
- è stata intensificata l'attività di analisi della pubblicistica antagonista caratterizzata da intenti di strumentalizzazione del dissenso.
Specifico impulso è stato conferito alle relazioni con i Servizi dei Paesi partecipanti al G8 o comunque interessati alle problematiche connesse, al fine di stabilire, nel quadro di una già fattiva collaborazione, un circuito di proficuo travaso di notizie in ordine ai possibili aspetti di rilievo.
Sono state effettuate riflessioni comuni, in un'ottica intesa ad ottimizzare la collaborazione fra tutte le Amministrazioni istituzionalmente preposte a fronteggiare, nell'ambito delle rispettive competenze, situazioni di crisi riconducibili ad atti di terrorismo, ivi compreso quello chimico e biologico.
L'attività informativa riguardante il Vertice è stata oggetto di periodico approfondimento tra rappresentanti delle Forze di polizia e dell'intelligence con lo scopo di favorire un agile interscambio di acquisizioni e valutazioni e di assicurare un'omogenea attenzione anche ad eventuali connessioni con dinamiche internazionali legate ad aree di crisi.
I fatti di Genova non vengono presi in considerazione nella presente relazione semestrale (con scadenza 30 giugno). Essi saranno oggetto della successiva relazione.
b. destra extraparlamentare
L'attività informativa in direzione del settore ha posto in risalto una realtà ancora in parte frammentata, ma in cui emergono consistenti spinte a rivitalizzare e rendere omogenee le diverse progettualità di lotta antisistema, attraverso una propaganda incentrata su tematiche di forte suggestione, in sintonia con l'evoluzione del quadro congiunturale interno ed internazionale.
Funzionale a tale obiettivo si sta rivelando la tradizionale avversione alle Istituzioni finanziarie e politiche sovranazionali, che - opportunamente attualizzata nei contenuti, in simmetria con la protesta antiglobalizzazione - vede mobilitati da un lato settori di prevalente matrice razzista e, dall'altro, ambienti antioccidentali.
In questa cornice, le componenti skinhead, presenti soprattutto nel Triveneto, hanno mostrato rinnovati spunti "operativi", con iniziative di varia natura e metodologie anche violente di carattere xenofobo.
Particolare impegno continua ad essere profuso nella propaganda sempre intrisa di toni provocatori ed aggressivi, sviluppata a livello nazionale ed internazionale tramite appositi siti telematici ed incentrata prevalentemente su tematiche antisemite. L'obiettivo primario per gli skinhead è conseguire più ampie adesioni tra quelle fasce giovanili che si riconoscono in modelli culturali primitivi, in cui spiccano la supremazia del "superuomo", il desiderio di imporsi con la forza, la tendenza a trasgredire qualsiasi norma sociale e l'avversione nei confronti del "diverso".
Ad avviso dell'intelligence, tali dinamiche ed i contatti tra ambienti skin ed alcune tifoserie calcistiche "ultras" caratterizzate da elevata esaltazione, potrebbero innescare ulteriori forme di violenza - specie in occasione di importanti competizioni sportive - da parte delle frange più sensibili a richiami di stampo neonazista e disponibili a forme esasperate di intolleranza.
Parallelamente, si va consolidando la strategia di espansione di significativi settori fortemente ideologizzati - animati da elementi con pregressa militanza nel terrorismo neofascista - ove è stata rilevata la presenza sia di orientamenti radicali che di tendenze a promuovere un'immagine pseudotradizionalista, comunque permeata da ostilità alle Istituzioni.
In linea con tale tendenza si collocano la ricerca di intese con altre realtà d'area nel contesto nazionale ed europeo - numerose quelle dichiaratamente neonaziste - ed un'articolata attività propagandistica incentrata su tematiche ultranazionaliste, sulla dura opposizione all'immigrazione ed al modello culturale occidentale, sulla questione occupazionale e su tematiche pseudoreligiose.
In siffatto quadro si inseriscono segmenti filoislamici connotati da un marcato orientamento antiamericano ed antisraeliano, sempre dinamici nella ricerca di nuove relazioni con settori fondamentalisti presenti nel nostro Paese o all'estero. In ragione di ciò, l'attività informativa è indirizzata a cogliere eventuali comuni disegni controindicati, che potrebbero prendere spunto da situazioni di crisi internazionale.
Al di là di isolati propositi di avvicinamento all'opposto segno sulla base della condivisione di alcuni obiettivi, in specie l'antimondializzazione, le divergenze ideologiche rendono estremamente improbabile lo sviluppo di concrete intese. La contestuale attuazione di forme di protesta accresce piuttosto il rischio di scontri fra le frange più radicali dei due schieramenti, sulla scorta di reciproci atteggiamenti provocatori.
L'azione di tutti gli apparati di sicurezza ha conseguito positivi risultati con le operazioni che hanno portato, fra l'altro, all'individuazione di aderenti ad un movimento neonazista con ramificazioni Oltralpe, accusati di violazione della cd. "legge Mancino" in materia di discriminazione razziale ed alla cattura, all'estero, di un pericoloso latitante del terrorismo degli anni '80.
c. altre aree di attenzione
In alcuni ambiti locali perdura la propaganda di circoscritti ambienti oltranzisti, determinati a fomentare pulsioni separatiste e ad approfittare di ogni circostanza per alimentare il dissenso in un'ottica antitaliana. In tale quadro, restano sempre possibili repentine accelerazioni, seppure isolate, verso istanze radicali ad opera di elementi facilmente influenzabili che, sulla base del sempre vivo attivismo di gruppi stranieri, potrebbero essere indotti ad attuare gesti dimostrativi, anche al mero fine di richiamare l'attenzione.
a. gruppi endogeni
La necessità di ricercare sempre nuovi spazi, riducendo al massimo il livello di visibilità, caratterizza tuttora il disegno strategico delle consorterie criminali.
In questa prospettiva, accanto alle tradizionali forme di lucro continuano ad intrecciarsi il crescente coinvolgimento nei circuiti dello smaltimento dei rifiuti, delle scommesse clandestine, del mercato della pedofilia e della pornografia, con la rafforzata propensione ad infiltrarsi nel tessuto economico-legale mediante operazioni di riciclaggio, tentativi di inserimento nelle procedure di assegnazione di appalti pubblici, le estorsioni e l'usura, in un contesto segnato da una diffusa pratica intimidatoria.
Allo stesso tempo, le opportunità offerte dall'internazionalizzazione dei mercati hanno indotto le formazioni criminali a consolidare i collegamenti sul piano transnazionale, con l'obiettivo di individuare nuove direttrici lungo le quali movimentare capitali illeciti, accentuando il rischio di alterare le normali dinamiche finanziarie.
In Campania, la camorra ha evidenziato la consueta aggressività finalizzata a consolidare il dominio delle attività illegali e ad estendere la mole dei traffici, in un quadro nel quale le condizioni di precarietà economica e di degrado ambientale di talune aree tendono ad alimentare il reclutamento di nuove leve tra le fasce giovanili emarginate ed il radicamento delinquenziale.
Gli stanziamenti per l'ammodernamento di rilevanti opere pubbliche potrebbero determinare nuovi scontri fra i clan dediti all'inserimento nelle procedure di assegnazione degli appalti e dei servizi pubblici ed alla gestione di attività commerciali ed industriali sottratte alle vittime del racket e dell'usura.
Mentre nel capoluogo prosegue il processo di frammentazione della principale coalizione camorristica e si accentua il livello di scontro fra gruppi emergenti, nel Salernitano le consorterie hanno intensificato i contatti con altri gruppi campani, oltre che calabresi e pugliesi, per il controllo del traffico di tabacchi, stupefacenti ed armi provenienti dai Balcani.
In Calabria, le cosche - che possono contare sulla coesione interna e su ramificate reti di fiancheggiatori - si sono distinte per la crescente attitudine ad espandersi a livello nazionale e transnazionale, soprattutto nei settori della droga e delle armi, come testimoniano i sempre più numerosi insediamenti nel nord del Paese e i legami instaurati con organizzazioni balcaniche e sudamericane.
I frequenti episodi intimidatori ai danni di operatori economici ed amministratori locali restano espressione dei persistenti tentativi di condizionare il tessuto socioeconomico esercitati dalle 'ndrine che, in grado di assumere una vera e propria veste imprenditoriale, potrebbero approfittare delle opportunità offerte dagli interventi di rilancio economico dell'area a favore degli snodi commerciali.
Per quanto attiene alle dinamiche locali, mentre nella provincia di Reggio Calabria sono stati rilevati contrasti interni suscettibili di innescare reazioni violente, nel capoluogo si sono delineate convergenze operative per la gestione dello smaltimento illegale dei rifiuti.
Se nei territori di Catanzaro e di Vibo Valentia si è verificata una recrudescenza delle estorsioni e dell'usura, nel Cosentino il ricorso ad armi di elevato potenziale nella commissione di delitti ha rappresentato un ulteriore innalzamento del livello di pericolosità e nel Crotonese il progetto dei gruppi criminali egemoni di creare una struttura verticistica è suscettibile di alimentare il rischio di una guerra fra clan.
L'incisiva azione di contrasto ha sottratto alla malavita pugliese numerosi esponenti di primo piano del contrabbando di tabacchi, e determinato un ridimensionamento dei traffici che si sviluppano lungo la costa adriatica.
I sodalizi coinvolti, privati in molti casi dei tradizionali referenti logistici ed operativi, sono stati costretti a diversificare mezzi, luoghi di partenza e di approdo, privilegiando il trasposto su Tir provenienti soprattutto dalla Grecia a bordo di traghetti diretti ad Ancona. A fronte della riduzione del contrabbando è stato riscontrato il rinnovato interesse per il commercio della droga gestito con la criminalità albanese.
Il contesto delinquenziale a Bari - scalo nevralgico dei traffici illeciti provenienti dalla penisola balcanica - è segnato dalla violenta contrapposizione tra le vecchie famiglie e quelle emergenti, risultate particolarmente attive nei taglieggiamenti, nei furti e nelle rapine.
Nella fascia orientale del Tarantino si vanno insediando gruppi dediti prevalentemente al traffico di stupefacenti ed alle estorsioni, mentre lo scalo marittimo del capoluogo, destinato ad assumere una posizione di rilievo a livello europeo per la movimentazione dei container, potrebbe essere oggetto di inserimenti illeciti.
In Sicilia, "cosa nostra" continua nell'opera di riorganizzazione e di rafforzamento allo scopo di impedire nuovi cedimenti o defezioni, specie dopo gli arresti di esponenti di primo piano.
L'attività è ancora contrassegnata da una strategia di bassa visibilità, perseguita con un'abile mimetizzazione e con metodi attenti a non suscitare clamore, affiancando alle tradizionali attività illegali la ricerca di inserimenti nel contesto economico e produttivo, attraverso la costituzione di società o istituti di credito e l'acquisto di immobili, nonché mediante l'infiltrazione negli appalti.
A Catania, ove la situazione di difficoltà del clan egemone appare destinata ad incidere sugli equilibri locali, con il rischio di nuovi conflitti, i cospicui finanziamenti per il rilancio turistico potrebbero lasciar prevedere ulteriori mutamenti delle dinamiche criminali.
Mentre la situazione a Messina lascia intravedere la possibilità di un innalzamento della tensione fra clan, a Siracusa si assiste ad una flessione dell'interesse per il traffico degli stupefacenti e ad un'accentuazione delle estorsioni e dell'usura, funzionale all'infiltrazione nel settore imprenditoriale, che potrebbe porre a rischio, secondo l'intelligence, importanti appalti di opere pubbliche.
L'apporto informativo sul fronte del crimine organizzato nella sua globalità ha permesso, tra l'altro, la cattura di 11 latitanti, l'arresto di 63 persone, di cui 38 per associazione a delinquere di stampo mafioso, oltreché sequestri di droga, armi e munizionamento, valuta e reperti di interesse storico ed archeologico.
b. gruppi stranieri
Il monitoraggio della presenza criminale estera entro i confini nazionali ne evidenzia la peculiare pericolosità, soprattutto in ragione dei livelli organizzativi raggiunti e della conseguente capacità di acquisire spazi sempre più ampi in vari settori dell'illecito.
La crescita dimensionale e qualitativa della malavita esogena risulta essere il prodotto della caratura "internazionale" assunta dalla movimentazione dei principali "beni" illegali (droga, clandestini ed armi), alla base di un processo di integrazione tra organizzazioni dei Paesi di origine e transito e sodalizi dei mercati finali.
In tale contesto, un ruolo di primo piano è svolto dalla criminalità albanese, che appare aver raggiunto schemi operativi tipicamente transnazionali. L'attività informativa ha posto in luce, in particolare, consolidati legami, oltreché con i clan della madrepatria e con altre formazioni balcaniche, con gruppi stranieri che ne ampliano la capacità di penetrazione in direzione dell'Occidente.
L'estensione dei rapporti di collaborazione, la duttilità operativa e la flessibilità organizzativa hanno determinato il crescente radicamento in territorio nazionale, in particolare in Lombardia e Puglia, dei clan schipetari, il cui consolidato coinvolgimento - in autonomia od in sinergia con la malavita endogena - nei più remunerativi ambiti delinquenziali delinea profili di rischio anche in relazione al reinvestimento dei capitali illeciti sulla piazza italiana.
Una spiccata attitudine ad inserirsi nel tessuto economico legale contraddistingue le consorterie cinesi, che continuano ad evidenziarsi per una notevole compenetrazione tra aspetto produttivo e versante criminale. Ciò, in ragione del diffuso impiego di clandestini di quella nazionalità nelle imprese gestite da cinopopolari e del diffondersi del fenomeno estorsivo in danno della stessa comunità, caratterizzata da tratti di impermeabilità che agevolano gli interventi malavitosi.
La gestione dell'immigrazione illegale di connazionali e lo sfruttamento della prostituzione si confermano le principali fonti di guadagno della criminalità nigeriana, che ne impiega i proventi per lo sviluppo di attività di maggiore spessore come il narcotraffico, nel quale va acquisendo posizioni di rilievo atte a favorirne l'ulteriore espansione. Il monitoraggio informativo ha posto in luce, inoltre, il crescente coinvolgimento di cittadini nordafricani nella falsificazione e contraffazione di documenti, anche in collaborazione con la malavita italiana.
La penetrazione nei circuiti economici nazionali continua a segnare l'attività delle consorterie ex sovietiche in Italia. Il ruolo del nostro Paese quale ambito di operazioni "di secondo livello", finalizzate al reinvestimento di capitali illeciti, è attestato da acquisizioni informative sulla presenza in territorio nazionale di esponenti di spicco della cd. "mafia russa", tra i quali talune figure chiave del traffico d'armi verso Nazioni sottoposte ad embargo, mentre risulta in crescita l'attivismo dei sodalizi esteuropei nel settore del lenocinio.
Più in generale, consistenza, composizione e modalità dell'insediamento criminale straniero nel nostro Paese riflettono la centralità assunta nei traffici internazionali da taluni gruppi che, insieme alle merci dei rispettivi ambiti di "specializzazione", esportano moduli organizzativi idonei a procurare nuovi spazi di radicamento.
Nel quadro del monitoraggio delle dinamiche economiche, sono state esaminate talune forme di finanziamento alle imprese, dove accanto al comparto bancario stanno emergendo nuove figure di finanziatori informali che investono prevalentemente in piccole e medie imprese attive nei settori legati all'alta tecnologia acquisendone parte del capitale; sebbene questi strumenti abbiano nel nostro Paese una diffusione per ora marginale, sussiste il rischio che possano essere utilizzati come canali di riciclaggio o per tentativi di infiltrazione e inquinamento dell'economia legale, in considerazione dell'elevata potenzialità di crescita del settore.
Attenzione è stata rivolta all'attività di quelle società che, per assicurarsi illeciti guadagni, hanno come obiettivo fondi comunitari destinati al Sud o progetti di consolidamento ed espansione aziendale.
Nella prospettiva della delicata procedura di entrata in vigore della nuova divisa europea, la ricerca informativa è volta a cogliere i tentativi, da parte del crimine organizzato, di speculazione e di ogni altra iniziativa controindicata. I sodalizi delinquenziali operanti nel settore della contraffazione delle banconote, euro oltre a quelle nazionali ed estere, si sono già manifestati attivi. L'approvvigionamento, trasporto e stoccaggio, a livello capillare, della nuova moneta potrebbe, poi, far registrare un notevole incremento di furti e rapine.
La fase della doppia circolazione risulta più esposta ai reati di truffa e contraffazione a causa degli inevitabili momenti di sovraffollamento delle operazioni di cambio, insieme alla minore confidenza dei cittadini alla nuova valuta. In considerazione della spendibilità della divisa in ampie aree territoriali e delle minori possibilità di controllo, si potrebbe riscontrare un aumento del fenomeno del riciclaggio di denaro provento di attività illecite.
La crisi del settore delle carni dovuta a casi di BSE, registrati anche in territorio nazionale, ha comportato un disorientamento dei consumatori con conseguenti fluttuazioni della domanda e forti impennate dei prezzi, generando sostanziali e repentine modificazioni del mercato che hanno favorito le importazioni. Notizie allarmistiche circa le tecniche di coltivazione e allevamento in uso nel nostro Paese, inoltre, hanno tentato di inficiare il comparto alimentare del made in Italy.
In relazione alla situazione di emergenza, comportamenti illeciti sono stati segnalati nella contraffazione dei marchi e delle certificazioni di provenienza del bestiame allo scopo di coprire operazioni di triangolazione agevolando importazioni di merci di origine clandestina nel mercato comunitario. Il cospicuo giro d'affari ha stimolato il coinvolgimento della criminalità organizzata nella gestione, attraverso intermediari e società di comodo, dell'importazione clandestina, macellazione e commercializzazione illegale di carni di sospetta provenienza.
a. sicurezza ambientale
La crescente ingerenza criminale e le persistenti carenze infrastrutturali ed organizzative hanno contribuito a mettere in crisi la gestione del ciclo dei rifiuti. Il fenomeno ha assunto connotazioni allarmanti nelle regioni meridionali ed in particolare in Campania, dando luogo ad episodi rilevanti sotto il profilo della salute e dell'ordine pubblico. Lo stato di pericolo ambientale potrebbe, altresì, aggravarsi nella stagione estiva con il notevole flusso turistico nelle regioni del Sud.
Sebbene lo stato generale del ciclo dei rifiuti in Italia vada evolvendo nel medio-lungo termine in una direzione più moderna ed efficiente, permangono preoccupazioni per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani e di quelli speciali e pericolosi. In tale stato di cose gli interessi economici dell'ecomafia traggono giovamento sia dalle situazioni d'emergenza, rendendo disponibili aree per lo stoccaggio temporaneo, sia dalle attività ordinarie incuneandosi nel meccanismo dei lucrosi appalti che conseguono alle operazioni di bonifica dei siti inquinati, al trasporto e allo smaltimento.
Ulteriori situazioni di crisi, nonostante le innovazioni intervenute sul piano normativo, potrebbero insorgere specie nell'area centro-meridionale per la recrudescenza del fenomeno degli incendi boschivi. La prevalente natura dolosa delle azioni incendiarie è sovente ascrivibile al diretto coinvolgimento della criminalità che, se non animata da fini intimidatori e di minaccia orientati al consolidamento della gestione del territorio, mira ad inserirsi nelle opere di ricostruzione e nelle attività di speculazione edilizia nelle zone devastate.
Anche la problematica dell'accesso alle risorse idriche connessa al fenomeno della desertificazione continua a rivestire ambito di interesse per l'attività di intelligence. Soprattutto nelle regioni del meridione, ove più marcata è l'inadeguatezza della rete di approvvigionamento, le attività correlate alla gestione di pozzi e sorgenti e di conseguenza al trasporto ed alla vendita dell'acqua hanno favorito l'imprenditoria illegale.
Per altro verso, si assiste a fenomeni di degrado di molti corpi idrici, legati principalmente alla mancanza o al cattivo funzionamento delle strutture depurative, che implicano problemi di inquinamento diffuso e conseguenti attività speculative.
In prospettiva, il programma di modernizzazione del sistema e dei relativi investimenti nazionali e comunitari può incentivare inserimenti dell'ecomafia, con gravi danni sul piano strettamente ambientale.
In tale contesto, si è evidenziato che le problematiche emergenti quali la carenza di risorse idriche, lo sviluppo delle biotecnologie e l'elettrosmog sono suscettibili di strumentalizzazioni per iniziative di contestazione da parte delle frange antagoniste.
b. reti telematiche
Nell'intreccio tra globalizzazione degli scambi e sviluppo delle reti informatiche, si va consolidando l'utilizzo, a fini meramente criminali, delle rilevanti opportunità del mercato virtuale, dovute all'assenza di limiti territoriali ed alla carenza di controllo e giurisdizione, nonché alla difficile tracciabilità delle transazioni.
A questo riguardo, l'intelligence sta seguendo il fenomeno per il quale progressivamente si sono andate consolidando forme di criminalità informatica che, attraverso manovre intrusive, consumano reati "tradizionali" per trarne illeciti profitti, quali frodi fiscali e finanziarie, riciclaggio di capitali di provenienza illegale, furti di proprietà intellettuale.
L'ampia diffusione della rete e la varietà dei servizi commerciali comunemente offerti, insieme al diffuso utilizzo di moneta elettronica consente, inoltre, di perpetrare sempre più frequentemente truffe ai danni degli utenti.
Ulteriori sviluppi si vanno registrando, segnatamente nel settore delle scommesse clandestine e della prostituzione, anche minorile, con il proliferare di siti riconducibili a società estere, operanti irregolarmente sul territorio nazionale.
Una sempre maggiore insidiosità del fenomeno della pirateria informatica si evidenzia in proporzione alla crescente capacità degli hacker di penetrare siti protetti per disarticolarne le banche dati, per compiere atti dimostrativi, azioni di disturbo e sabotaggi o distruzione dei dati.
c. fenomeno delle sette
E' proseguita sul territorio nazionale l'attività di proselitismo da parte di sette e movimenti pseudoreligiosi, che continuano ad evidenziare aspetti di pericolosità per le capacità di inserimento in diversi contesti sociali, per le potenziali implicazioni illecite e lo sviluppo di collegamenti con più strutturati gruppi stranieri.
Attenzione è stata riservata alle cd. "psicosette", in grado di insinuarsi in maniera pervasiva in situazioni di disagio e di vulnerabilità, sino a determinare negli adepti una sorta di "dipendenza confessionale" che comporta un'assoluta obbedienza nei confronti del leader ed un contemporaneo disconoscimento della realtà esterna.
Sono stati altresì evidenziati i tentativi di infiltrazione in diversi ambienti ad opera di taluni gruppi che, dietro motivazioni umanitarie o pseudoreligiose, organizzano convegni e corsi di formazione per cercare di divulgare le proprie dottrine ed ampliare il bacino d'utenza.
Molti degli scenari esteri hanno sollecitato un accresciuto impegno della comunità internazionale, in direzione di crisi e situazioni di conflittualità, ovvero di delicati processi di normalizzazione.
A tale esigenza si è costantemente raccordata l'azione dell'intelligence che - rivolta ad eventi e fenomeni di diretta o potenziale incidenza sulla sicurezza del nostro Paese - ha continuato ad individuare nei Balcani, nel bacino mediterraneo e nello scacchiere mediorientale le principali aree di attenzione, non mancando di seguire altre realtà, specie ad est dell'Unione Europea e nel continente africano, di interesse per l'Italia e per il ruolo da essa svolto nell'ambito di più ampi consessi.
a. area balcanica
In un contesto regionale caratterizzato dal significativo deterioramento connesso alla rivitalizzazione del separatismo armato di matrice etnica, il dibattito sui futuri assetti istituzionali della Repubblica Federale di Jugoslavia (RFJ) ha attraversato una fase di sostanziale transizione. Sono sorti all'attenzione, peraltro, aspetti inediti, destinati ad assumere peso crescente. In questo senso, talune differenziazioni della Serbia dalle posizioni della dirigenza federale - rivelatesi con evidenza in occasione della consegna dell'ex presidente Milosevic al Tribunale dell'Aja - ed il composito quadro politico tracciato in Montenegro dalle elezioni di aprile lasciano ipotizzare un più articolato confronto tra Belgrado e Podgorica. L'evoluzione di questo confronto, nei toni e nei contenuti, potrebbe interagire con altre dinamiche d'area: emergenti, come in Vojvodina - ove le istanze autonomiste vanno catalizzando sempre maggiori consensi - ovvero conclamate, come in Kosovo, teatro di ricorrenti scontri interetnici e centro irradiatore delle rivendicazioni secessioniste della componente albanese.
I rischi maggiori sono derivati proprio dall'accentuata operatività della guerriglia di etnia albanese e dal rilevato potenziamento di una ramificata, multinazionale rete di assistenza nella quale trovano spazio i ripristinati canali finanziari della diaspora, i collegamenti con militanti dell'estremismo islamico, le sinergie con il crimine organizzato, le collusioni con ambienti politici di orientamento oltranzista. Specifico rilievo assume, in proposito, l'influenza delle frange radicali albano-kosovare che, determinate a costituire nei Balcani un'entità statuale su base monoetnica, hanno intensificato il supporto ideologico, logistico ed operativo alle formazioni attive al di fuori della provincia, fungendo altresì da raccordo strategico tra i diversi teatri di crisi. All'intesa sulla smilitarizzazione del gruppo operante in Serbia meridionale ha fatto così riscontro un aggravamento della situazione nella FYROM, cui ha verosimilmente contribuito l'afflusso dalla Valle di Presevo di guerriglieri indisponibili alla resa. In ambito macedone, la ricorrente spirale di conflittualità tra separatisti e Forze armate, oltre a muovere un consistente esodo di profughi, ha innescato crescenti tensioni interetniche ed una radicalizzazione delle posizioni all'interno degli stessi apparati istituzionali che rendono oltre modo incerto l'esito dei negoziati avviati con la mediazione europea.
Segnali di contaminazione correlati alla crisi macedone hanno riguardato l'Albania, ove il rafforzamento dei controlli lungo la fascia confinaria e la dichiarata condanna al separatismo armato da parte di Tirana non hanno impedito che in taluni casi, a livello locale, si sviluppassero attività di sostegno alla guerriglia. Quanto ai problemi endogeni, mentre la violenza di matrice politica ha fatto registrare isolati episodi di intimidazione in occasione di una campagna elettorale contrassegnata da una sensibile attenuazione dei toni tra contrapposti schieramenti, l'aggressività della delinquenza comune ed organizzata e le sue capacità di fronteggiare l'azione di contrasto svolta da quelle autorità restano il principale fattore di instabilità e di minaccia alla sicurezza.
La diffusione della criminalità ed il suo elevato potere correttivo si confermano, più in generale, comune denominatore di molti contesti della regione i quali - quand'anche in posizione arretrata rispetto alle più evidenti direttrici che uniscono le sponde albanesi e montenegrine con quelle italiane - costituiscono via di transito dei flussi di stupefacenti e clandestini in direzione dell'Europa occidentale. Il fenomeno, in Bosnia-Erzegovina, va ad incidere su una cornice di sicurezza che, seppure con diversa modulazione ed in presenza di taluni indicatori positivi, ricomprende altri elementi di precarietà propri della complessa realtà balcanica. Ciò vale per le spinte secessioniste di stampo nazionalista, testimoniate, nella Federazione Croato-Musulmana (FCM), dall'accelerazione delle iniziative per l'attuazione della "Terza Entità" croato-bosniaca, con picchi di tensione ed incidenti che hanno coinvolto anche i militari della Stabilization Force (SFOR). Un dispiegamento di reparti della SFOR e della Multinational Specialized Unit (MSU) si è reso necessario nella Repubblica Serba di Bosnia-Erzegovina (RSBE), a seguito di episodi di intolleranza etnica riconducibili a settori serbo-bosniaci ultraradicali.
L'esposizione a rischi del contingente internazionale costituisce ulteriore dato ricorrente nelle acquisizioni dell'intelligence, in relazione anche all'accentuata presenza di militanti dell'estremismo islamico, che proprio nel tessuto bosniaco trovano il più strutturato ambito di riferimento.
Una pressione intimidatoria di stampo terroristico, correlata soprattutto alla linea moderata ed alle proiezioni europeiste della dirigenza di Zagabria, si sarebbe profilata in Croazia, ove l'attivismo dell'estrema destra avrebbe favorito una recrudescenza degli attentati, delineando pericoli per le Rappresentanze straniere nel Paese. Assume rilievo, infine, specie per le possibili ricadute su un sistema economico in fase di liberalizzazione che sta richiamando il massiccio intervento di capitali europei, il segnalato incremento dei fenomeni illegali ascrivibili alla criminalità comune ed organizzata.
b. Comunità degli Stati Indipendenti (CSI)
In Russia, il processo di ridefinizione degli equilibri interni, perseguito attraverso il graduale ridimensionamento del ruolo delle amministrazioni locali e dei gruppi finanziari, si è accompagnato ad un più generale impulso riformista. Elemento di debolezza, potenzialmente in grado di riflettersi sul consenso interno e sul prestigio internazionale del Cremlino, è ancora rappresentato dalla crisi cecena, che, in assenza di prospettive concrete di pacificazione, quanto meno nel breve periodo, continuerà ad impegnare l'apparato militare ed a mantenere elevato il pericolo di attacchi terroristici non solo contro obiettivi russi, ma anche ai danni di esponenti dell'amministrazione cecena che collaborano con Mosca. La lotta all'estremismo islamico costituisce un aspetto importante delle proiezioni russe in ambito regionale, unitamente al mantenimento di rapporti privilegiati con taluni Paesi interessati all'integrazione nelle strutture di sicurezza occidentali.
In Ucraina, i problemi legati ai ritardi nel consolidamento delle istituzioni democratiche e nell'attuazione delle riforme economico-sociali sono stati acuiti dall'inasprimento del confronto politico, in un tessuto insidiato dall'attivismo della criminalità organizzata, dedita al traffico di stupefacenti ed impegnata nell'infiltrazione di settori dell'imprenditoria. La tendenza di quei sodalizi a sviluppare contatti con omologhi gruppi attivi in vari contesti europei ne lascia prevedere un'espansione anche in ambito comunitario.
Tensioni hanno caratterizzato la dialettica politica in Belarus, ove la connotazione autoritaria del regime ha trovato ulteriori conferme nelle misure adottate per limitare le iniziative dell'opposizione ed in una campagna propagandistica di impronta antioccidentale.
In Moldova, il ricambio politico sancito dalle elezioni di febbraio ha arrestato il percorso di avvicinamento all'Europa avviato dalla precedente dirigenza.
Nelle repubbliche caucasiche della CSI, stentano a trovare soluzione le crisi dell'area. In particolare, sono stati rinviati i previsti colloqui tra Armenia ed Arzebaigian in merito al contenzioso sul Nagorno-Karabakh. In Georgia, è aumentata la tensione lungo il confine con la repubblica secessionista dell'Abkhazia, ove si è registrata una recrudescenza degli scontri tra nazionalisti georgiani e milizie locali.
Nelle repubbliche dell'Asia centrale ex sovietica (Kirghizia, Uzbekistan, Tagikistan, Kazakistan e Turkmenistan), la situazione è caratterizzata dal crescente attivismo dei gruppi estremisti islamici. Al fine di contrastare il fenomeno, i Paesi membri del trattato di sicurezza collettiva hanno approvato il progetto russo per la costituzione di una "forza di reazione rapida". E' stato rilevato, inoltre, un sensibile incremento dell'attività delle organizzazioni criminali, con riferimento soprattutto al traffico di sostanze stupefacenti. L'azione di contrasto è resa difficile dalla natura del terreno, che impedisce un efficace controllo del territorio e, in taluni casi, dalla connivenza di elementi degli apparati statali con i sodalizi criminali. Peraltro, negli ultimi tempi, partecipano attivamente al narcotraffico alcuni movimenti dell'integralismo islamico, a fini di autofinanziamento.
c. area mediorientale
La pericolosità degli scenari collegati alla crisi israelo-palestinese ha conferito specifica rilevanza all'andamento ed alla virulenza di un confronto che, nonostante l'impegno della mediazione internazionale, ha mantenuto concreto ed immanente il rischio di escalation. Le vicende sul campo hanno concorso a determinare, in un rapporto di reciproca influenza, eventi di immediata visibilità - quale l'affermazione, in Israele, di una linea di maggior intransigenza sul merito delle trattative - ovvero dinamiche di più difficile lettura, come l'evoluzione dei rapporti interni al fronte palestinese. Qui sembra cogliersi il progressivo rafforzamento, anche in termini di autonomia dalla dirigenza ufficiale, di una componente radicale, specie di ispirazione islamica, supportata dall'esterno con finanziamenti, armi ed assistenza addestrativa. Si sono andati moltiplicando i segnali relativi al possibile strutturarsi di canali di collegamento, logistico e strategico, tra l'intifada e le formazioni antiisraeliane attive nel sud del Libano, impegnate in azioni di disturbo lungo la frontiera con lo Stato ebraico.
In un clima di elevata tensione, alimentato dai ricorrenti attacchi della guerriglia sciita e dalle risposte di Tel Aviv, elemento di novità ha costituito, in aprile, il bombardamento, ad opera dell'aviazione israeliana, di una postazione siriana situata in territorio libanese. L'episodio ha contribuito a rivitalizzare, negli ambienti politici di Beirut, il dibattito sulla presenza militare di Damasco e sul sostegno ad una "resistenza islamica" vista da taluni settori del Paese come fattore di instabilità ed ostacolo agli investimenti occidentali.
Per la Siria, il cui corso riformista continua ad intrecciarsi con le consolidate direttrici strategiche, l'incidenza sul teatro libanese resta un'opzione importante, seppure ispirata, nell'ultimo periodo, dall'esigenza di accentuare il livello di controllo sulle attivazioni antiisraeliane, onde prevenire più devastanti rappresaglie. In questo senso, l'eventualità di un'estensione della conflittualità rimanda soprattutto al rischio che isolate offensive, sostenute dagli implementati arsenali delle organizzazioni radicali, inneschino improvvise quanto inarrestabili spirali di violenza.
L'adesione alla causa palestinese, con evidenti rischi di arretramento nel dialogo con Tel Aviv, ha costituito elemento aggregante nei più ampi consessi interarabi. Si tratta comunque di un contesto di rapporti che continua a far registrare talune distanze su importanti questioni, nonché progetti politici disomogenei, connessi alla differente collocazione dei singoli Stati sulla scena internazionale ed alla diversa configurazione dei rispettivi equilibri interni.
La funzione di mediazione svolta in questi mesi dalla Giordania ne ha qualificato gli interventi in campo diplomatico, mentre il processo di riforma in tema di democrazia e pluralismo ha dovuto combinarsi con l'adozione di misure di sicurezza volte a contenere l'impatto della crisi e a contrastare i rinnovati fermenti dell'estremismo islamico.
Nella penisola arabica, si segnalano alcuni attentati di probabile matrice xenofoba in Arabia Saudita e, nello Yemen, un attivismo di stampo integralista di cui vengono ipotizzate saldature con formazioni dell'opposizione ed elementi tribali.
Per i governi tradizionalmente ostili ad Israele, il dichiarato sostegno alle organizzazioni palestinesi oltranziste ha costituito occasione per riaffermare il proprio ruolo in ambito regionale, nell'ottica di una più ampia strategia che non esclude pericolose progettualità nel settore degli armamenti.
In Iran, l'affermazione elettorale conseguita in giugno dalla dirigenza pragmatico-moderata assicura continuità all'azione di rinnovamento in un quadro, peraltro, non privo di incertezza: le campagne denigratorie e le persecuzioni giudiziarie poste in essere dalla componente teocratica più conservatrice ne attestano la determinazione a rallentare un percorso riformista di cui, invece, è fortemente avvertita in larghi strati della popolazione. Sul crescente malcontento sociale è andato innestandosi l'attivismo della dissidenza armata, basata in territorio iracheno, che ha intensificato gli attacchi lungo la fascia confinaria e contro obiettivi governativi situati nella capitale iraniana. In aprile, la rappresaglia di Teheran, culminata con il lancio di missili oltreconfine, ha provocato nuovi picchi di tensione con Baghdad, suscettibili di riproporsi anche nell'avvenire.
Le dinamiche interne dell'Iraq continuano ad essere connotate dalla riorganizzazione dell'apparato governativo e dalla predisposizione di criteri per l'eventuale successione in ambito familiare al rais nella carica di Capo dello Stato.
E' stato registrato un maggiore attivismo dell'opposizione di matrice etnicoreligiosa (kurda nel nord, sciita al sud e sunnita all'estero) che ha mirato sostanzialmente a rafforzare la cooperazione tra le varie espressioni del dissenso in funzione anti Saddam e ad accreditarsi come alternativa al regime di Baghdad nei confronti dei vari interlocutori internazionali.
Sono proseguite le forti tensioni nei rapporti con l'ONU a causa degli incidenti nelle zone interdette al volo - riconducibili all'attivazione di siti della difesa aerea irachena - ed il perdurante ostruzionismo del regime nei confronti delle smart sanctions proposte da USA e Gran Bretagna, miranti a rafforzare i controlli nel settore dell'armamento e ad alleggerire contestualmente l'embargo.
d. area nordafricana
Nel panorama nordafricano, l'azione informativa si è rivolta verso quei contesti ove il permanere di tensioni politiche e sociali costituisce fattore di minaccia per il nostro Paese, in ragione del riflettersi di dinamiche conflittuali, legate all'integralismo islamico, e delinquenziali, connesse prevalentemente ai flussi migratori clandestini.
In tale contesto, è di rilievo la situazione in Algeria, ove l'incremento dell'azione dei gruppi armati ha disegnato uno scenario connotato da forte instabilità, in cui si ravvisano rischi anche per interessi e cittadini stranieri, come dimostrato dall'uccisione, in gennaio, di quattro tecnici russi. Ciò non ha mancato di produrre ripercussioni sul piano politico, in relazione all'intenzione del Capo dello Stato di rilanciare il processo di pacificazione con un progetto denominato di "Concordia nazionale".
Su tale quadro si è innestato, quale ulteriore elemento di destabilizzazione, il deflagrare di disordini, anche in forma violenta, nella regione nordorientale della Cabilia. Le dimostrazioni, originate da istanze etnico-culturali, si sono poi estese ad altre aree ed alla Capitale, assumendo il carattere di protesta generalizzata per le difficili condizioni socioeconomiche del Paese.
Taluni episodi terroristici di matrice islamica verificatisi in Libia, nella regione della Cirenaica, hanno contribuito al progressivo deterioramento della cornice di sicurezza, specie nelle principali città, mentre indicazioni attestano un sensibile incremento dei traffici illeciti dall'Algeria.
Significativi sviluppi ha registrato la politica panafricana di Gheddafi con i nuovi ingressi di Egitto, Marocco, Nigeria e Tunisia nella Comunità degli Stati del Sahel e del Sahara - organismo promosso da Tripoli - e, soprattutto, con il varo del patto costitutivo dell'Unione Africana.
In Egitto, il quadro interno si conferma sostanzialmente stabile, anche grazie ai successi riportati sul fronte del contenimento dell'islamismo radicale.
e. Corno d'Africa
In Etiopia, la situazione è stata segnata da un grave conflitto istituzionale a causa dell'aspro scontro di potere che ha minacciato la stessa leadership del Primo Ministro, accusato di cattiva gestione del confronto con l'Eritrea e contestato per l'indirizzo liberista in campo economico. Il premier, pur indebolito dall'uccisione del direttore dei Servizi informativi, è riuscito a superare la crisi, rimuovendo dall'incarico i suoi oppositori ed altre personalità di rilievo.
In Eritrea si è registrato un incremento della tensione a causa dell'attivismo di bande armate, anche contro strutture militari. Permangono contrasti all'interno del governo tra l'ala riformista e quella conservatrice, cui viene contestato di ostacolare il processo di democratizzazione impedendo l'introduzione del multipartitismo.
In Somalia, la situazione resta caratterizzata da estrema precarietà. Il governo di transizione ha continuato l'azione volta a rafforzare le nuove istituzioni, perseguendo quale obiettivo prioritario l'acquisizione di aiuti finanziari internazionali, malgrado la sua attività sia ostacolata anche da rivalità personali. Sono proseguite le iniziative dei principali gruppi antigovernativi per costituire un fronte unico di opposizione. Nelle aree del Nord, tra le due entità autonome di Puntland e Somaliland permangono talune frizioni a motivo del contenzioso territoriale e delle aspirazioni indipendentiste del Somaliland.
In un quadro di forte instabilità, continuano a sussistere rischi per la sicurezza del personale impegnato nel campo della cooperazione, specie nelle zone centromeridionali, ove il pericolo di una recrudescenza degli scontri armati si mantiene elevato.
f. altri contesti di interesse
In Afghanistan si sono intensificati gli scontri tra le milizie dei taliban e le forze di opposizione, con conseguente pericolo per il personale degli organismi internazionali ivi operante. Si è aggravato l'isolamento del regime, che continua ad eludere le richieste per l'estradizione di Usama Bin Laden e la chiusura dei campi di addestramento al terrorismo. Le perduranti connessioni con movimenti fondamentalisti sono confermate dal vertice, svoltosi a Kabul, con elementi di Bin Laden e rappresentanti del Movimento islamico dell'Uzbekistan, nel corso del quale sarebbero state pianificate azioni terroristiche e considerata la possibilità di condurre operazioni congiunte in Paesi vicini.
L'intelligence, impegnata in direzione del terrorismo internazionale, ha colto ed analizzato molteplici segnali di allarme fatti registrare dall'estremismo islamico.
Il panorama informativo ribadisce la tendenza delle varie espressioni integraliste ad adottare una strategia di carattere universalista marcatamente antioccidentale, in grado di generare saldature tra gruppi di diverso profilo e di moltiplicare lo spettro dei possibili obiettivi.
In questo contesto un ruolo di rilievo è stato assunto dalle componenti maghrebine: queste ultime, sganciandosi progressivamente dalle dinamiche dei paesi di origine, hanno mostrato un particolare attivismo all'estero, specie in Europa, ove opera una capillare rete radicale che compendia momento ideologico-propagandistico e fase organizzativa, saldandosi ai centri afghani di addestramento pratico-dottrinale.
La crescente connotazione internazionalista assunta da quei gruppi ed i rapporti che legano i nuclei in Italia ad altri di tipo operativo individuati in Europa delineano peculiari rischi, in relazione all'eventualità di una rimodulazione dell'attività svolta che comporti, oltre al rodato impiego a fini logistici del nostro territorio, la scelta dello stesso anche quale teatro per azioni violente.
A testimoniare la vitalità dell'integralismo nordafricano nel nostro Paese si pongono le segnalazioni su disegni terroristici antistatunitensi - incluse quelle di inizio anno che determinarono la temporanea chiusura dell'Ambasciata USA - e sul coinvolgimento di militanti algerini, marocchini e tunisini nell'invio di volontari nei campi paramilitari all'estero.
Le acquisizioni al riguardo hanno trovato conferma nell'operazione di polizia effettuata nel Norditalia all'inizio di aprile nei confronti di una cellula, a prevalente composizione tunisina, integrata in una più ampia struttura europea e sospettata di costituire snodo verso l'area afghano/pakistana.
Più in generale, le informazioni sulla galassia islamista ribadiscono l'estensione del reticolo integralista e la valenza assunta dall'organizzazione riconducibile al noto Osama Bin Laden quale elemento di aggregazione e di propulsione di strategie, sovente giocate sull'accentuazione della pressione intimidatoria. La "Al Qaida", struttura facente capo direttamente al predetto Bin Laden, è infatti divenuta interfaccia anche simbolica per le diverse espressioni radicali, in un processo di trasversalità ideologico-operativa in cui trovano raccordo spinte originate in contesti che vanno dall'area centroasiatica a quella mediorientale.
La comprovata caratura sovranazionale dei disegni integralisti e dei nuclei incaricati di perseguirli potrebbe preludere all'importazione entro i confini nazionali di dinamiche legate a confronti armati - come quelli in atto nel Caucaso settentrionale e nel Kashmir - all'interno dei quali operano frange confessionali che tentano di conferire alla propria lotta una dimensione allargata al fine di guadagnare l'attiva solidarietà dei correligionari.
In questo senso sono particolarmente all'evidenza i segnali sulla presenza nel nostro Paese di militanti pakistani e di cellule di sostegno alla guerriglia cecena.
Costante attenzione viene altresì riservata all'opera di penetrazione nei Balcani, ove si registra un crescente afflusso di elementi mediorientali e nordafricani. Ciò, anche grazie alla presenza in loco di numerose Organizzazioni Non Governative (ONG), finanziate da Stati fondamentalisti, che affiancherebbero all'azione in campo socioumanitario il supporto ad estremisti, garantendo loro "copertura" per l'ingresso nella regione, da tempo al centro di una strategia che mira a farne un'avanzata "testa di ponte" verso l'Europa.
L'attitudine del movimento islamista ad inserirsi in contesti di crisi, interagendo con rivendicazioni di stampo irredentista ed etnico atte ad ampliarne i margini di agibilità, conferisce peculiare significato alle segnalazioni relative alla presenza di mujaheddin in Bosnia-Erzegovina - dove i fermenti ultranazionalisti rappresentano ulteriore fattore di rischio per i contingenti internazionali - ed alle notizie sul sostegno fornito alle formazioni armate di etnia albanese operanti nella FYROM, nella Serbia meridionale ed in Kosovo.
La connessione tra minaccia terroristica ed andamento di taluni conflitti ripropone inoltre la perdurante centralità della crisi mediorientale.
Al riguardo, accanto al rischio che la militanza radicale estenda il proprio raggio d'azione al di fuori dello scacchiere, specie in connessione con passaggi ritenuti penalizzanti per la parte araba, si pone quello legato alla possibilità che gruppi esterni si inseriscano in quelle dinamiche, come potenzialmente indicato dal profilarsi di una collaborazione operativa tra l'organizzazione di Bin Laden e le formazioni islamiche armate libanesi.
E' del pari all'attenzione l'eventualità che il confronto in atto registri iniziative eterodirette, "antisioniste" ovvero antioccidentali, in ragione del persistere, in taluni contesti esteri, di ambienti che a fini interni continuano a garantire sostegno a formazioni vocate al ricorso allo strumento terroristico.
Impegno informativo è stato altresì assicurato in direzione di alcuni circoli dissidenti il cui attivismo in Occidente disegna due distinti profili di pericolo, relativi rispettivamente a degenerazioni di stampo radicale della strategia perseguita e ad azioni violente pianificate in loro danno dai regimi dei Paesi d'origine.
Analogo monitoraggio ha riguardato l'estremismo di matrice etnico-nazionalista e separatista, specie con riferimento al movimento curdo, evidenziatosi per l'approfondirsi della frattura tra linea moderata e corrente "irriducibile" e per l'intento di varare una nuova "stagione insurrezionalista" nel territorio anatolico.
In ragione di un processo di globalizzazione che appare interessare anche i vettori di minaccia, sono infine oggetto di analisi i fenomeni eversivi collegati al separatismo basco, al radicalismo nordirlandese, all'indipendentismo corso ed all'anarchismo ellenico. Ciò, per i contatti "storici" con settori dell'antagonismo nazionale e, soprattutto, in relazione all'ipotesi che talune tematiche - antimilitarismo, lotta anti NATO, "prigionieri politici", ambientalismo militante - costituiscano terreno fertile per sinergie controindicate.
Il monitoraggio informativo delle dinamiche connesse agli ingressi illegali nel nostro territorio e, più in generale, nell'area Schengen conferma, quale tratto qualificante del fenomeno - destinato a mantenerne consistente la portata - l'attivismo di strutturati sodalizi criminali che gestiscono con criteri imprenditoriali la "domanda" proveniente dagli epicentri dell'immigrazione.
Ciò ha progressivamente determinato la creazione di un circuito complesso che integra momenti diversi del traffico e diversi ambiti territoriali, articolandosi su alleanze con i gruppi dei luoghi attraversati dalle rotte migratorie ovvero su "rappresentanze" locali dei clan a monte dei maggiori esodi clandestini.
La perdurante instabilità di taluni quadranti geopolitici, l'esistenza in quei contesti di ampie sacche di corruzione, la conseguente porosità delle frontiere e le lacune nell'azione di contrasto hanno favorito l'enucleazione di alcuni Paesi quali bacini di confluenza di flussi intra ed extraregionali.
Se Albania e Montenegro restano punti di partenza privilegiati per i trasporti via mare, è di tutto rilievo la direttrice terrestre che attinge le nostre frontiere nordorientali, mete anche di migranti iraniani e cinesi. Questi si sono da tempo evidenziati per il ricorso a modalità di viaggio composite che prevedono snodi intermedi in Serbia, Bosnia-Erzegovina e Romania e lo smistamento verso la Croazia e la Slovenia ovvero l'instradamento verso la rete degli "scafisti".
Le acquisizioni al riguardo attestano una cospicua polverizzazione - intesa a garantire idonea "copertura logistica" tanto nei luoghi di partenza quanto in quelli di transito - e flessibilità operativa, finalizzata ad eludere i dispositivi repressivi: si inscrivono in tale quadro, tra l'altro, le notizie sull'impiego di natanti della flotta mercantile diretti verso gli approdi del medio ed alto Adriatico e sulla diversificazione e parcellizzazione degli itinerari.
La permeabilità del contesto balcanico alle rotte dell'illecito va valutata considerando i molteplici vettori di rischio che si appuntano in quell'area: in questo senso l'accendersi di nuovi focolai di crisi, come quello in FYROM, la crescente penetrazione del radicalismo islamico e il dipanarsi in quel territorio di significative direttrici del mercato della droga e delle armi - "merci" sovente movimentate insieme ai profughi - risultano suscettibili di alimentare ulteriormente il business migratorio ovvero, avvalendosi delle medesime vie, di potenziarne l'impatto sulla sicurezza.
Assoluta centralità riveste poi il traffico marittimo che muove dalle coste della Turchia ove, secondo talune evidenze, si registra la costante presenza di migliaia di persone in attesa di passaggi verso i litorali dello Jonio, interessati da sbarchi massicci che l'uso di natanti di grosso tonnellaggio "a perdere" contribuisce a connotare in termini di emergenza.
La penisola anatolica resta teatro dell'attivismo di gruppi malavitosi, soprattutto curdo-iracheni, cui è da ricondurre un'estesa rete organizzativa con propaggini ormai insediate nelle mete di destinazione finale dell'Europa continentale e forte di rodate intese operative con le consorterie balcaniche, specie per quanto riguarda l'attraversamento di Kosovo e FYROM.
Diverse segnalazioni evidenziano il ricorso a partenze alternative dalla Siria ed a scali nelle isole dell'Egeo, nonché raccordi con il subcontinente indiano e con il Nordafrica, per la gestione unitaria dei clandestini che provengono da quelle aree.
I Paesi della sponda meridionale del Mediterraneo continuano, seppur con minore visibilità, ad originare cospicui movimenti migratori in direzione dell'Italia. L'attività informativa ha posto in luce, tra le caratteristiche salienti, "triangolazioni" dal Marocco verso Algeria e Tunisia, da dove, integrandosi con i flussi autoctoni, muovono poi alla volta di Grecia e Turchia. E' d'interesse, inoltre, quanto emerso circa l'utilizzo da parte della delinquenza somala ed eritrea dei porti libici come centri di raccolta per clandestini egiziani, centroafricani e del Corno d'Africa.
Il coinvolgimento della criminalità organizzata transnazionale e l'indotto illecito collegato al traffico migratorio restano il principale oggetto dell'azione dell'intelligence, che non manca, peraltro, di rivolgersi alle ripercussioni del fenomeno sul piano interno. Esse appaiono ravvisabili nell'incidenza criminogena della condizione di clandestinità e, in prospettiva, nella possibilità di strumentalizzazioni delle spinte xenofobe ovvero delle rivendicazioni delle stesse comunità immigrate, destinate ad assumere progressivamente forma strutturata e, dunque, a divenire potenziale veicolo di profili ideologici anche oltranzisti propri dei contesti di provenienza, interagendo con formazioni dell'antagonismo nazionale.
Al fenomeno dell'immigrazione viene riservata particolare sensibilità ed attenzione per modo che esso possa costituire una fonte di stabilità ed arricchimento, in una cornice di integrazione equilibrata e di sicurezza, a vantaggio dell'intera comunità.
L'attività svolta è stata indirizzata ad individuare e contrastare l'operato degli Organismi informativi stranieri costituente una minaccia agli interessi nazionali sul territorio e all'estero.
In tale quadro è emerso il rinnovato impegno di alcuni Servizi ad avvicinare e reclutare, talvolta utilizzando strumentalmente situazioni di vulnerabilità personale, cittadini italiani in servizio presso nostre Rappresentanze diplomatiche, enti di ricerca scientifica e strutture militari, nazionali od alleate.
Gli obiettivi perseguiti dai Servizi avversari sono risultati riconducibili ai settori della sicurezza delle comunicazioni, della ricerca scientifica ed industriale, alle attività ed ai contingenti militari dislocati all'estero, nonché alla sicurezza ed all'autonomia della vita sociale nazionale.
Alcuni Organismi informativi hanno reiterato le attività di infiltrazione per mantenere sotto stretto controllo le comunità di connazionali presenti in Italia.
Costante monitoraggio informativo è stato riservato ai trasferimenti illegali di armi, specie quelli aventi significativo impatto sulla sicurezza del nostro Paese e sulla stabilità internazionale, ovvero indirizzati verso aree di tensione o Stati sottoposti ad embargo. Sono state acquisite evidenze sul ruolo rivestito da società di brookering internazionale coinvolte in forniture di armi convenzionali, soprattutto a Paesi africani, nonché su modalità operative e canali di approvvigionamento. Sono state raccolte, inoltre, indicazioni sui traffici di armi interessanti la regione balcanica che hanno posto in luce il permanere dei numerosi canali di rifornimento utilizzati dalle formazioni paramilitari di etnia albanese. Con riferimento a tale area, specifica attenzione è stata dedicata all'accresciuto attivismo della malavita ed ai continui scontri tra sodalizi rivali per acquisire il predominio nel proficuo settore.
Le perduranti carenze nei controlli doganali e nel contrasto al crimine organizzato hanno confermato i Balcani rotta privilegiata di transito anche per le tecnologie sensibili.
Per quanto concerne le armi di distruzione di massa (WMD), è proseguita la ricerca in direzione dei programmi di proliferazione e delle reti di procurement dei Paesi sospettati di svolgere un ruolo attivo nel settore; si è confermata, in proposito, la centralità del Continente asiatico.
In relazione ai programmi di proliferazione missilistica, l'azione informativa ha seguito, nello scacchiere mediorientale, talune sperimentazioni balistiche ed i rapporti di cooperazione, anche in termini di assistenza tecnica, con un governo nordafricano.
Positive sono risultate, in tale settore, le iniziative assunte a suo tempo dagli aderenti al Regime multilaterale di controllo: l'adozione di una bozza di codice di condotta internazionale idonea ad accrescere l'efficienza del Regime di fronte alle nuove sfide della proliferazione missilistica ed il prosieguo di contatti bilaterali con i principali Paesi "a rischio" allo scopo di incoraggiarli ad abbandonare lo sviluppo di programmi missilistici.
Nel settore della proliferazione nucleare, è ancora all'attenzione un Paese mediorientale sospettato di condurre un programma con finalità anche militari. La ricerca di assistenza e di esperti continua a costituire obiettivo di quegli Stati che, partendo da un progetto di natura civile, intendono sviluppare, nel tempo, capacità offensive. Nel contesto asiatico meridionale persiste il pericolo della ripresa di nuove sperimentazioni. Per quel che concerne le armi chimiche e biologiche, l'area mediorientale si ripropone per un incremento delle attività di procurement e per forme di sostegno da enti ed istituti scientifici esteuropei.
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